
(Catania, 2 settembre 1840– Catania, 26 gennaio 1922)
È stato uno scrittore di romanzi e novelle, drammaturgo e senatore italiano (dal 1920 al 1922), considerato il maggior rappresentante del Verismo.
Nel 1881 la sua opera più completa I Malavoglia che assieme a Mastro-don Gesualdo del 1889 costituiscono due fra i più importanti romanzi della letteratura italiana.
A differenza del Naturalista francese Émile Zola di idee socialiste, Verga nei suoi ultimi anni adottò idee conservatrici e giustificò anche le repressioni sanguinose effettuate durante il governo Crispi, tuttavia ebbe sempre un atteggiamento di simpatia verso le classi più umili e di disapprovazione per quelle dei ricchi.
Qui riportiamo l’incipit della novella “La Lupa” appartente alla raccolta “La vita nei campi” (1897). Una storia cruda in cui la protagonista, assieme alla figlia, sono considerati degli “esclusi”.
“Era alta, magra, aveva soltanto un seno fermo e vigoroso da bruna – e pure non era più giovane – era pallida come se avesse sempre addosso la malaria, e su quel pallore due occhi grandi così, e delle labbra fresche e rosse, che vi mangiavano. Al villaggio la chiamavano la Lupa perché non era sazia giammai – di nulla. Le donne si facevano la croce quando la vedevano passare, sola come una cagnaccia, con quell’andare randagio e sospettoso della lupa affamata; ella si spolpava i loro figliuoli e i loro mariti in un batter d’occhio, con le sue labbra rosse, e se li tirava dietro alla gonnella solamente a guardarli con quegli occhi da satanasso, fossero stati davanti all’altare di Santa Agrippina. Per fortuna la Lupa non veniva mai in chiesa, né a Pasqua, né a Natale, né per ascoltar messa, né per confessarsi. – Padre Angiolino di Santa Maria di Gesù, un vero servo di Dio, aveva persa l’anima per lei.”