
Certamente su Venezia si sono scritti da sempre fiumi d’inchiostro vuoi per esaltarne la bellezza unica, vuoi per raccontarne la storia e le vicende nei secoli in cui fu la Serenissima, vuoi per attirare l’opinione pubblica sulla sua proverbiale fragilità. Insomma è un luogo su cui c’è sempre da parlare e anche da scoprire.
Perchè diciamo scoprire? Perchè anche i veneziani “doc” (e di residenti ce ne sono sempre meno: ormai ridotti a 50.000) forse non hanno notato piccoli dettagli in itinerari poco battuti descritti dall’autore bosniaco Predrag Matvejevic, nel suo libro “Venezia Minima” (Garzanti editore, 2009) guarda caso da un non veneziano.
Infatti l’autore prova a raccogliere immagini e sensazioni particolari, sfuggenti alla maggior parte di chi non sia un osservatore preparato oppure un abitante indaffarato. Nelle sue passeggiate non descrive basiliche, piazze, palazzi nobiliari, musei, opere famosissime, ma:
“ci fa apprezzare le diverse sfumature di patine e dorature sul legno, sulla pietra, sul mattone. Esplora le antiche mappe anonime. Fa esplodere la magnificenza dei tramonti, ascolta la musica dei passi sui ponti, ci accompagna in giardini invisibili, ci svela i segreti di antichi mestieri… Dettaglio dopo dettaglio, ricompone il disegno complessivo della città e del suo mutare con lo scorrere del tempo e della storia.”
Osserva le erbacce che infestano i vecchi muri e le pareti di antiche chiese e ne riconosce alcune officinali, descrivendone le proprietà. Altri elementi minimi colpiscono l’autore come le formelle o “pattere” (spesso degradate dal tempo) poste sulle facciate dei palazzi e, come afferma nella prefazione, Raffaele la Capria: “… quello che un simile artista vede è il particolare, perché solo la particolarità rende ciò che si vede insolito. Nel caso di Matvejevic l’estraneità e la particolarità vengono colte da una estrema vicinanza all’oggetto, una vicinanza spaziale che diventa analitica.” E poi prosegue: “… In definitiva qui in Venezia Minima, l’autore cerca di ripetere quello che ha già prima tentato con il suo libro più famoso, Breviario mediterraneo, uscendone vittorioso. C’è lo stesso minimalismo, la stessa miniaturizzazione, lo stesso (a volte ricercato) recupero del particolare che apparirebbe o troppo ovvio o troppo poco meritevole di menzione e attenzione, la stessa umiltà di approccio.”
Più che altrove la realtà che offre Venezia, nell’ambito di una osservazione ravvicinata e meticolosa, è “come il volto di Medusa che – diceva Calvino – pietrifica chi la guarda direttamente negli occhi“.
Vale la pena di riportare un pensiero finale dell’autore che racchiude la sua visione più intima:
“Venezia è diventata un’idea ed è rimasta a un tempo la città viva che l’umidità invade. E’ un’illusione e anche un luogo concreto che le onde adriatiche inondano. Una rappresentazione della realtà e la realtà stessa che, a volte, si confondono l’una con l’altra o si oppongono a vicenda. Venezia e l’altra Venezia che stanno l’una accanto all’altra o l’una dentro l’altra. Sulla prima tutti puntano gli occhi e vogliono salvarla. Dell’altra poche si curano e sono rari quelli che prestano attenzione. Eppure non esiste l’una senza l’altra, nessuna delle due può sopravvivere da sola, ambedue sono insieme Venezia e la Serenissima, immagine e simulacro, storia e mito.”
Infine, Patrizia Parnisari nella sua illuminata recensione (da Cortenova Scriptorium, nov. 2022) afferma:
“Matvejević amava narrare, e non solo in questo libro, la saggezza schiva dei miracoli più nascosti, quelli che prolificano nell’esilio (che lo scrittore a lungo sperimentò nella propria esistenza) e nella mitezza della vita. E in questo c’è una ragione grande e profonda che è quella della poesia, della curiosità amorevole che soccorre le cose più piccole; un approccio mansueto, quasi pudore che tiene lontano ciò che è fastoso, ridondante, barocco. Una pietas profonda per l’umanità. Al di fuori di questo sguardo lo stupore non sarebbe più possibile. Ci sono cose, infatti, che proprio a causa della loro grandezza sono impossibili a dirsi. É il caso di Venezia. Matvejević ne era consapevole…”
Pedrag Matvejevic è nato a Mostar (Bosnia.Erzegovina) nel 1932 da padre russo e madre croata, dopo aver abbandonato la ex Jugoslavia all’inizio della guerra trasferendosi prima in Francia dal 1991 al 1994, e poi in Italia, dove ha insegnato all’Università la Sapienza di Roma, è tornato a vivere a Zagabria dove è scomparso nel 2017. Con la prima versione di Venezia Minima, dal titolo “L’altra Venezia” (2003), ha vinto la prima edizione del premio Strega Europeo nel 2003.