
Riportiamo un interessante articolo sull’autore francese e il suo rapporto con Venezia:
“Tra gli scrittori che hanno raccontato Venezia c’è anche Marcel Proust. L’autore francese ha parlato più volte della città, che ha visitato nel 1890, descrivendola a più riprese ne A la Recherche du temps perdu.
…Il soggiorno di Proust a Venezia, molto desiderato e a lungo rimandato, oltre che nell’Epistolario, viene descritto soprattutto nel sesto libro della Recherche, La Fuggitiva. Ma già nel primo volume della sua monumentale opera, Dalla parte di Swann, un viaggio a Venezia è uno dei sogni del narratore bambino. A ostacolarne la realizzazione intervennero la malattia e la passione per Albertine, così che questo diventa possibile solo quando Albertine è morta e la passione dimenticata. Nella realtà dei fatti Proust avrebbe dovuto raggiungere Venezia nell’estate del 1899, dopo aver passato le acque a Evian, ma non avendo trovato nessuno che lo accompagnasse, il viaggio si realizzò soltanto durante la primavera dell’anno dopo.
Marie Nordlinger – che con suo cugino Reynaldo Hann lo raggiunse nella città lagunare – scrive così: “Fu in un radioso mattino di maggio che mia zia, Reynaldo e io vedemmo Marcel e sua madre arrivare a Venezia”. E già nel pomeriggio, seduti a un tavolino del Caffè Quadri, lui e Marie lavorarono su una traduzione della Bibbia di Amiens, opera fondamentale per la comprensione del gotico. Proust e la madre alloggiavano all’Hotel Danieli, caratterizzato da grandi finestre a ogiva, aperte sulla visione di San Giorgio Maggiore, sulla Giudecca e, in lontananza, sulle basse e sabbiose dune del Lido; lo stesso albergo dove, in una camera d’angolo, la numero dieci, George Sand e Alfred De Musset vissero una torrida storia d’amore.
Di giorno si spostavano in Piazza San Marco, solo 200 metri più in là. Il breve percorso lo facevano in gondola “così che la Chiesa non mi si presentava solo come un monumento, ma come la meta di un percorso sull’acqua marina e primaverile, che per me faceva con San Marco un’unità indivisibile e viva”. La facciata della Basilica, appena arrivato stanco dal viaggio e suggestionato da un’eccessiva immaginazione, gli apparve subito un po’ meno simile all’intarsio di perle e rubini a cui Ruskin l’aveva paragonata, ma quando scese nelle calli, dopo un sonnellino pomeridiano, “immaginazione e realtà si erano ormai fuse”. Lo scrittore si fa sorprendere, avvincere dalle emozioni: “Si entrava, mia madre ed io, nel Battistero, mettendo il piede sui mosaici di marmi e paste vitree del pavimento, avendo di fronte a noi le lunghe arcate cui il tempo ha flesso le superfici svasate e rosee conferendo alla chiesa, dove ha rispettato la freschezza di quei colori, l’apparenza di esser composta di una materia dolce e malleabile come cera d’alveoli giganteschi e dove gli artisti l’hanno traforata e lumeggiata d’oro, d’essere la preziosa rilegatura, in qualche cuoio di Cordova del colossale Evangelico di Venezia”.
Al crepuscolo Proust amava andare in gondola con i suoi amici e Reinaldo cantava versi di Musset musicati da Gounod. I Palazzi sul Canal Grande gli apparivano allora come “una scogliera di marmo… abitazioni che facevano pensare a luoghi naturali, ma di una natura che avesse creato le proprie opere con un’immaginazione umana”. Ma è soprattutto la Venezia notturna, esplorata perdendosi nell’intrico delle calli, ad affascinarlo di più. Scrive ancora nella Fuggitiva:
“La sera uscivo da solo nella città incantata perdendomi fra sentieri sconosciuti come un personaggio delle Mille e una Notte. Era rarissimo che non mi avvenisse di scoprire per caso, durante la mia passeggiata, qualche piazza sconosciuta e spaziosa, di cui nessuna guida, nessun viaggiatore mi aveva parlato. Ero penetrato in un intrico di strade vuote, di calli. D’improvviso, in fondo a una di quelle stradette, pareva che nella materia cristallizzata si fosse prodotta una distensione. Un vasto e sontuoso Campo che in quella rete di stradicciole certo non avrei saputo immaginare di tanta importanza e al quale non avrei saputo dare spazio, si estendeva dinanzi a me, circondato da bei palazzi, pallido al chiaro di luna.”
(da: “Laguna letteraria: Venezia raccontata da Marcel Proust”, Francesca Graziano, Artslife”