“Invisibili” un libro su esperienze esistenziali

Germana Carlotta Adriano è l’autrice di questo libro di racconti (pubblicato nel 2014) che vogliamo qui recensire per il valore sociale della tematica trattata, quella degli esclusi sia volontari che involontari dalla società cosiddetta civile. Storie di sofferenza, di solitudine, di emarginazione. Nella maggior parte si intravede uno spiraglio di speranza, a volte troppo stretto per consentire il passaggio.


Questi  quattordici protagonisti  definiti “invisibili” e  descritti con grande realismo, quasi un’esperienza diretta dell’autrice, si esprimono in prima persona come facessero un bilancio-diario della propria esistenza descrivendo fino nei particolari più minuti e intimi, sentimenti ed emozioni che provano o hanno provato.  E’ il personaggio Carolina che apre la serie di storie con la sua malattia che esprime l’infinita tristezza nel sopportare un’esistenza problematica. Tuttavia è la stessa Carolina (?) che incontra il secondo protagonista, Amir, un emigrato non accolto, che prova una sorta di empatia per lui e ascolta la sua storia. Poi c’è la badante dell’est che si affeziona alla signora, che accudisce fino alla fine sostituendosi ai parenti che non si fanno mai vedere. Il terzo racconto ci ha un po’ incuriosito per la tematica affrontata: l’anziana signora nostalgica del Ventennio, ricordando i bei tempi (per lei, famiglia benestante…), non ha peli sulla lingua quando parla male dell’atteggiamento antifascista di certa TV (e meno male che esiste) ed è esplicita nell’esprimere la sua aperta simpatia per la destra dei nostri tempi e per un certo “Silvio” che ha in comune l’odio per i cosiddetti “comunisti. Secondo lei rappresenta l’uomo forte che le ricorda il Duce: “Bello, buono ed educato che ha salvato l’Italia dalla povertà“ (per poi trascinarla in una guerra sciagurata, aggiungiamo noi). Sorvoliamo poi sulla verità di fatti storici che per bocca sua viene addirittura capovolta. Vengono anche citati per nome e cognome alcuni personaggi pubblici e dello spettacolo che simpatizzano con le sue convinzioni. Insomma questa storia ci è parsa un’apologia, nemmeno tanto mascherata, di una certa ideologia. Ma consideriamo tutto questo la consapevolezza (?) oggettiva dell’esistenza di persone che ancora la pensano in questo modo.

I racconti seguenti  riguardano  in parte la vita di persone che hanno sperimentato solo fallimenti  (come Giuseppe e come il detenuto Tommy) e che si sentono esclusi, reietti dalla società civile, altri invece hanno lottato come “eroi del nostro tempo” per dare una posizione al proprio figlio o per dare tutto sé stessi alla famiglia, come Livia. C’è pure il figlio di papà che vive di rendita sulle spalle dei genitori. L’alternanza di protagonisti negativi e positivi continua fino ad arrivare al racconto finale che chiude la rassegna di una umanità definita comunque invisibile. Torna la figura iniziale di Carolina sempre più in preda alla depressione e in cura presso una clinica psichiatrica dove assiste alla sofferenza più profonda e disumana: quella mentale. Alla fine Carolina  intravede un sentimento di speranza: la salvezza sarà la compartecipazione al dolore altrui e ciò sarà anche la migliore cura per la depressione che la perseguita.

Due storie ci sono particolarmente piaciute per l’originalità e il senso dell’ottimismo: quelle che hanno per protagonista rispettivamente un cagnolino abbandonato (“Un cane”) e “Un albero” (“un bel platano, alto e rigoglioso” con sotto una panchina).

In sostanza la lettura del libro ci ha dato l’impressione di una narrazione molto partecipata ed efficace nel trattare temi anche scomodi. Ottimo lo stile narrativo diretto e immediato senza pause. Si nota solo la mancanza di dialoghi, ma questa è una scelta nel far raccontare le vicende in prima persona.

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