
Nel momento attuale in cui si infiamma un conflitto al centro della nostra Europa questa storietta di Luigi Malerba (1927-2008), scrittore prolifico di romanzi, racconti (anche per ragazzi) e sceneggiatore, dotato di una vena ironica spesso pungente, ci fa riflettere in modo semplice ma efficace su una parola che non vorremmo mai pronunciare…
“Lo sanno tutti che ci sono parole lunghe, corte, alte, basse, magre, grasse, buone e cattive. Ci sono anche delle parole velenose. Certe parole hanno le ruote, e corrono come i carri sulle strade carraie o come il treno sulle rotaie. Le parole con le ruote sono quelle con la erre, lo sanno tutti. Ci sono anche delle parolacce che vanno in giro di notte per le strade poco illuminate e molti quando le incontrano fanno finta di non conoscerle.
Una notte un gruppetto di parole molto cattive e ambiziose si incontrarono al buio fra due pagine di un giornale per fare un complotto. Decisero di aiutarsi l’una con l’altra per apparire molto in vista sulle prime pagine dei giornali e preparare cosi la strada a una parola che preferiva per il momento restare nell’ombra, ma che presto avrebbe fatto il suo ingresso trionfale sulle prime pagine a caratteri cubitali. Nessuna delle parole presenti pronunciò quella parola che per il momento voleva restare nell’ombra.
Fra le parole che si incontrarono quella notte c’erano le «parate militari», il «cannone», gli «armamenti», i «missili», la «distruzione», eccetera ecceterone.
A forza di spinte e di gomitate queste parole incominciarono ad affacciarsi sulle prime pagine dei giornali una alla volta e anche due o tre insieme a braccetto o una sopra l’altra. E tutte cercavano di conquistare il posto più in vista e il carattere più grande. Ma sapevano benissimo che tutta la loro fatica sarebbe stata inutile se non riuscivano a portare in prima pagina quella parola che era la più ambiziosa di tutte e la più malvagia.
Nonostante il buio e la grande segretezza, il complotto venne a conoscenza di alcune parole tranquille e bonaccione, abituate a dormire nelle biblioteche o a fare qualche apparizione anche sui giornali, ma a piccoli caratteri e nelle ultime pagine. Si accorsero che i lettori del giornale credevano alle parole del complotto e quando apparivano sulle prime pagine se ne riempivano la bocca e le ripetevano in giro.
Le parole tranquille e bonaccione fecero anche loro un complotto e chiamarono altre parole che assomigliavano a quelle cattive e incominciarono a imbrogliare i tipografi sostituendole a quelle cattive. Cosi invece di parate militari i lettori trovarono scritto «patate militari», invece di cannone trovarono scritto «cappone», invece di armamenti «armenti», invece di missili «messali», invece di distruzione «distrazione», eccetera ecceterone.
Insomma riuscirono a fare una gran confusione e i lettori incominciarono a ridere. La parola che muoveva i fili nell’ombra non riusci più a fare il suo ingresso trionfale in prima pagina come sperava, anzi rimase ad ammuffire in cantina dove la raggiunsero presto tutte le sue complici ad ammuffire anche loro.“
[Da: Luigi Malerba, “Storiette e Storietta tascabili”, Einaudi, 1994]